26 marzo 2008

Un primo sguardo su Pracchiola


Pracchiola, frazione del Comune di Pontremoli, si trova a m. 672 s.l.m., sulla sinistra del Fiume Magra, poco sopra al luogo in cui a questo si uniscono le acque del Rio di Boalenza, che scende dal Monte Orsaro (m. 1831). Paese caratteristico per l’architettura rurale [1], lega la sua storia all’antica strada che da Pontremoli, lungo il tracciato Arzengio - Toplecca Superiore – Casalina – Groppodalosio – Pracchiola – Passo del Cirone, collegava la Toscana con la “Lombardia”, cioè con la Pianura Padana.

Lungo la stessa strada, poco sotto il Passo, a m. 984 s.l.m., si trovava uno xenodochio, gestito dai Monaci di Altopascio, in località oggi detta “Ospedaletto” (“Sdalét”, nel dialetto locale), individuato negli antichi documenti come “Hospitale de Piellaburga” o de Pitaborga” o “de Mallaticchia”. Di questa antica struttura restano oggi pochissimi resti, assai rimaneggiati nel corso dei secoli, a testimoniare l’esistenza del luogo di ricovero posto dopo gli Scaléri (cioè una ripida salita caratterizzata da gradoni per facilitare l’ascesa agli uomini ed agli animali da soma) e sotto i Magresi (cioè le sorgenti del Magra) in un pianoro di modeste dimensioni, prima che la strada si inerpichi verso il Passo con un ultimo tratto in ripida salita.

Oggi ridotta a poche decine di abitanti [2], a seguito di un imponente flusso migratorio, che ha condotto gran parte di coloro che vi abitavano a cercare migliori condizioni di vita soprattutto negli Stati Uniti d’America, la popolazione del paese superava, in passato, anche i duecento abitanti (erano, secondo il Repetti [3], 223 nel 1833). L’economia fino ad anni assai recenti si è basata su un’agricoltura di sussistenza (pastorizia, coltura del castagno e di cereali o patate) e – fintanto che la via del Cirone ha svolto un ruolo di discreta importanza nell’ambito degli scambi economici fra Emilia e Alta Toscana – sulle attività connesse ai movimenti di persone e cose lungo la predetta strada.

Di questi collegamenti con la viabilità possono essere testimonianze indirette anche alcuni toponimi, quali le numerose “grotte dei Sarasin” o i nomi di alcune località che richiamano probabili insediamenti barbarici come Borgognone e Marmagna, due cime dell’Appennino di cui Pracchiola occupa i contrafforti ed i cui toponimi Pier Maria Conti fa risalire alle calate ed al successivo insediamento dei Burgundioni e dei Marcomanni [4].

Un’ulteriore testimonianza indiretta del rapporto con la viabilità la possiamo trarre dalla tradizione popolare, ricca di ricordi, confusi, ma indicativi, di lutti, razzie ed epidemie disastrose provocate dai ripetuti passaggi di truppe straniere, sempre avide di vuotare le pur misere cantine e dispense dei terrorizzati montanari, preoccupati di cercare, in simili contingenze, un rifugio sicuro per sé e per le proprie cose [5]. Ma ben più dirette e probanti sono le informazioni che ci vengono dagli Statuti di Pontremoli [6] con le loro prescrizioni spesso riferite anche direttamente alla Via di Bosco o della Scala.


[1] Così lo descrive, nel 1966, Giovanni Bortolotti: “è il tipico antico paese, abbarbicato alla montagna, sorto attorno ad una strada battuta sottopassante le case con archivolti, dalla quale si diramano stretti vivoli, colle case coi tetti di lavagna, quasi sepolte in mezzo ai folti castagneti. L’esposizione del paese non è molto felice, chiuso tra i monti, ed un suo possibile sviluppo non potrà aversi che sul vicino costone, a N.E., meglio esposto e con più ampia visuale sulla valle del Magra” (G. Bortolotti, Guida dell’Alto Appennino Parmense e Lunigianese dal Passo del Lagastrello alla Cisa, Bologna, 1966).

[2] Il 21 ottobre 2001, in occasione del 14° censimento, a Pracchiola sono stati contati 27 abitanti, 14 maschi e 13 femmine, suddivisi in 16 nuclei familiari. Gli edifici censiti erano 55 e le abitazioni 44. (ISTAT, Popolazione residente e abitazioni nelle province italiane. 14° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni – Massa Carrara, Roma, 2005)

[3] E. Repetti, Dizionario Geografico Fisico della Toscana, Firenze, 1841 (Vol. IV)

[4] P. M. Conti, Luni nell’Alto Medio Evo, Padova, 1967, pp. 59-60

[5] I vecchi di Pracchiola tramandavano, con un senso di arcano timore, il passaggio di non ben identificati Alemàn, che avevano messo a soqquadro il paese e requisito diversi capi di bestiame. Sono tradizioni assai vaghe, ma che rispettano una realtà vissuta e sofferta da quelle popolazioni.

[6] Statuti di Pontremoli, Parma, 1571.

10 marzo 2008

Chi ha ricordato questi paesi....

Questo post è un cantiere aperto, nel quale, di volta in volta, tramite aggiornamenti successivi, proporrò alcuni riferimenti bibliografici, con una breve sintesi degli argomenti trattati nei testi, comunque relativi all’area di interesse di questo blog. Quella di oggi è la versione "otto (23 aprile 2008).

Campi, Antonio, Memorie storiche della Città di Pontremoli, Pontremoli, 1975

Bernardino Campi (1656 – 1716) fu uno dei cronisti pontremolesi di maggiore importanza. Le sue “Memorie Historiche di Pontremoli” sono sicuramente una delle fonti più interessanti per la ricostruzione della storia locale, che dal cronista, soprattutto per i secoli successivi al Trecento, viene spesso ampiamente inserita nel più vasto contesto degli eventi nazionali ed internazionali. Il Campi, che nei primi capitoli dà credito alla leggenda di Apua, non rifugge dal vezzo degli antichi cronisti, secondo i quali l’antichità delle origini di una città ne decreta il valore e la nobiltà. Pertanto anticipa assai i primi avvenimenti di una presunta storia pontremolese, dando apparente dignità storica a fatti da lui riferiti ai primi secoli dell’Era Cristiana, incorrendo, conseguentemente, in errori che oggi possono apparire quasi puerili. Ben diverso, invece, si fa lo spessore storico delle notizie che egli ci riporta col procedere della narrazione, quando le vicende si fanno più certe ed alle notazioni correlate alla storia politica ed amministrativa del territorio se ne associano tantissime altre, che ci danno conto di passaggi di eserciti, di epidemie, di carestie, di terremoti, di fenomeni meteorologici destinati a segnare la vita della popolazione. Significativa è, infatti, l’attenzione che il cappuccino pontremolese dà alle vicende della gente comune, quella che in maniera più diretta soffre o trae vantaggi dalla calata degli eserciti, frequentemente ospitati nei paesi del territorio. Sono frequentissime le citazioni di eventi che hanno direttamente interessato i paesi dell’alto bacino del Magra, spesso correlati alla viabilità (Cisa e Cirone) ed ai rapporti fra Toscana e “Lombardia”. Il volume è l’edizione a stampa, curata da Luciano e Mauro Bertocchi, Vasco Bianchi e Nicola Zucchi Castellini, del manoscritto posseduto dalla famiglia Zucchi Castellini, integrato con aggiunte e varianti tratte dal manoscritto “Bocconi” conservato nella Biblioteca del Seminario Vescovile di Pontremoli.

Cavalli, Ennia, Il più antico manoscritto delle visite pastorali della Diocesi di Luni, in Giornale Storico della Lunigiana e del Territorio Lucense, N.S., anni XVIII-XX, 1967-1969

La pubblicazione, apparsa su tre volumi consecutivi della Rivista dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri negli anni 1967-1969, propone il regesto e la trascrizione del volume cartaceo, conservato presso il Seminario Vescovile Lunense di Sarzana, contenente la descrizione della diocesi di Luni in occasione della Visita pastorale del Cardinale Benedetto Lomellini, Vescovo di Luni dal settembre 1565 al marzo 1572. Dopo un’attenta descrizione (il fascicolo, le filigrane, le varie mani che hanno compilato le “schede” riferite alle singole parrocchie e le ipotesi correlate alla descrizione del territorio diocesano all’indomani del Concilio di Trento) delle 234 carte che costituiscono il volume, l’Autrice propone una sintetica biografia del Card. Lomellini ed un’analisi delle metodologie secondo le quali la Visita venne compiuta. Segue l’accurata trascrizione delle carte. Per quanto concerne l’area di nostro interesse, vengono proposti gli esiti della visita compiuta alle parrocchie di Montelungo (14 maggio 1568: rettore don Pietro Travaglino della cui “vita, costumi e abito ne siamo restati bene soddisfatti”), Gravagna (visitata sempre il 14 maggio, il cui “capelano è don Marcho Ugerio” e dove si trova “la croce di legno assai bella”, ma la sacrestia “mal condizionata” e il cimitero da “resserare”), Cavezzana d’Antena e Cargalla (a quel tempo ancora unite con parroco Don Orsino da Vico e con la struttura delle chiese e le suppellettili sacre da sistemare), Valdantena (rettore don Silvestro Ugerii, con gli altari laterali sotto il giuspatronato “de li Scacalosso” e con i cimiteri per i quali doveva essere fatto entro due mesi il “serraglio” “perché in una parte sono aperti”) e Pracchiola (visitata il 15 maggio, retta da Don “Francesco Lesoni da Topelicca”, chiesa dove “non vi tenghino il santo sacramento dell’Eucarestia per essere poveri”).

Diaferia, Marco, 1943 – 1945: Pontremoli, una diocesi italiana tra Toscana, Liguria ed Emilia attraverso i libri cronistorici parrocchiali, Pontremoli, 1995

L’Autore ha condotto una pregevole indagine, che lo ha portato a verificare i libri cronistorici delle parrocchie della allora Diocesi di Pontremoli per tracciare, attraverso lo studio di fonti dirette, un ampio panorama degli effetti in Lunigiana del secondo conflitto mondiale, in particolare del periodo intercorso fra l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la resa dell’esercito tedesco. Attraverso il racconto che i parroci hanno lasciato sui libri cronistorici, i fatti, proposti nella loro immediatezza o ricostruiti a posteriori, subito dopo la fine delle ostilità, è possibile cogliere non solo lo svolgersi degli eventi, ma anche la posizione dei singoli sacerdoti nei confronti del fascismo, del tedesco occupante e dei partigiani. In primo piano, restano, sempre e comunque le popolazioni, delle quali i parroci si sentono parte e nel contempo guida, sostenuti, in questo difficile percorso, dall’esempio e dalle parole del Vescovo Mons. Giuseppe Sismondo, la cui figura è sempre presente, quanto meno in sottofondo, in tutte le narrazioni. Per quanto concerne l’alta valle del Magra, occorre fare riferimento al Vicariato di Montelungo e, nello specifico, alle narrazioni riportate nel Libro Cronistorico della Parrocchia di S. Lorenzo Martire di Cargalla (redatto da Don Paolo Necchi), nel Liber Chronucus di Gravagna S. Rocco (redatto da Don Carlo Paolini) e nel Liber Chronicus di Valdantena (redatto da Don Giuseppe Gaverini). Attraverso i tre Libri è possibile trarre ampie notizie sulle vicende accadute in tutto il territorio, ove il periodo dell’occupazione nazifascista fu vissuto con gravi timori dalla popolazione, vuoi perché l’area era attraversata da vie importanti per il passaggio degli eserciti, vuoi per la presenza di formazioni partigiane. Ulteriori notizie possono, poi, essere tratte dalla lettura dei libri cronistorici delle restanti parrocchie della Diocesi, rette da sacerdoti originari dell’Alta Valle del Magra o, comunque, lì ampiamente noti per avervi svolto il loro servizio pastorale (in particolare le tragiche morti di Don Alberto Battilocchi e di Don Michele Rabino).

Franchi, Giacomo – Lallai, Mariano, Da Luni a Massa Carrara – Pontremoli, Modena – Massa, 2000

Si tratta di un’opera poderosa, attualmente completata solo per la prima parte, ma consistente già in tre volumi, dei quali il terzo di indici. Gli autori si sono prefissi di tracciare la storia che ha condotto dalla antica diocesi di Luni alla attuale suddivisione ecclesiastica delle province di Massa Carrara e La Spezia, oltre che di alcune aree (quella della Garfagnana, in particolare) estranee a queste province, ma per diversi secoli ad esse accomunate per storia religiosa. Il primo volume, dopo una sintetica definizione dei confini della antica Diocesi ed un rapido excursus sulle vicende che hanno portato alla situazione attuale, propone un ampio capitolo dedicato alle biografie dei Vescovi di Luni, Luni – Sarzana, Luni – Sarzana – Bugnato, Luni, ossia La Spezia – Sarzana, della Spezia e Sarzana ed, infine, della Spezia – Sarzana – Bugnato, da S. Basilio a Bassano Staffieri, fino a qualche settimana fa Vescovo della Diocesi ligure. Segue, poi, un’ampia presentazione della situazione più antica, quando il territorio era suddiviso facendo riferimento alle Pievi ed alle loro dipendenze, ma non tralasciando le parrocchie, i monasteri e gli xenodochi dipendenti da altri Enti ecclesiastici o direttamente dal Vescovo. Il secondo volume propone, invece, la situazione della Diocesi nel XVII e nel XVIII Secolo, quando alle Pievi si sostituiscono i Vicariati, perm giungere alla situazione attuale. L’opera, che, per alcuni aspetti, riprende, ampliandola quella, basilare, di Geo Pistarino (Le pievi della Diocesi di Luni), è corredata da tabelle riassuntive, da una vasta bibliografia, da un ricco apparato di note. Per quanto concerne il territorio dell’Alta Valle del Magra ci propone una quantità notevole di notizie di grande interesse, offrendoci la possibilità di tracciare, a grandi linee, la storia degli insediamenti religiosi nell’area che va da Montelungo a Cavezzana d’Antena e Cargalla (per molti anni unite), a Gravagna, a Valdantena ed a Pracchiola, con riferimenti agli ospedali di Piellaburga, di Cerreto Grosso e, più famoso, di Montelungo, senza tralasciare i tanti oratori presenti nel passato ed oggi in buona parte scomparsi.

Stopani, Renato, La Via Francigena, Firenze, 2007

L’opera, giunta alla settima ristampa, è un interessante saggio sull’antico itinerario che, percorrendo anche la Lunigiana, collegava Roma e l’Italia all’Europa continentale. Una strada percorsa da pellegrini, mercanti ed eserciti e che aveva in Monte Bardone (cioè nell’attuale passo della Cisa) uno dei nodi fondamentali. La lettura dell’opera consente a chi ha conoscenza del territorio specifico, delle sue strade e della sua storia, di inserirli correttamente nel contesto, più ampio, delle comunicazioni e delle vicende europee. I riferimenti alla valle del Magra e, nello specifico a Pontremoli, al Passo della Cisa, a Montelungo, sono frequenti, a testimonianza di quanto quei luoghi, oggi in parte tagliati fuori dalle grandi vie di transito, fossero per tutto il Medio Evo (ma anche per i secoli successivi) delle tappe irrinunciabili per chi dalla Padania Centro-Occidentale (cioè dalla “Lombardia”) volesse passare in terra toscana e, di qui, dirigersi verso Roma. Sicuramente importanti ed apprezzabili anche l’apparato delle note, ricco di riferimenti a documenti ed autori, e le tavole, che consentono una visione grafica d’insieme di un sistema viario, comunque sopravvissuto fino agli inizi del sec. XX.


Romiti, Enrico, Conte Grande terza classe,

E’ un volumetto di 116 pagine, il cui Autore, oggi emigrato in Uruguay, è originario di Cargalla. Interessante per le suggestioni del ricordo, per il linguaggio (frequenti i vocaboli che rimandano al dialetto del paese lasciato nel 1935), per il senso di appartenenza all’Italia ed alla Lunigiana che traspira da tutto il testo (un misto di prosa e versi), assieme all’orgoglio di chi, partito con la valigia di cartone, col sacrificio personale, ha fatto strada (questo, scrive Romiti è anche “un omaggio all’Uruguay, poiché senza il suo Liceo Notturno e senza la sua Università pubblici e gratuiti” il libro “non potrebbe essere stato scritto né in italiano, né in spagnolo”). Interessanti i capitoli dedicati alla figura di Don Paolo Necchi (“io non sono sicuro, perché Don Paolo certamente era più furbo di me, ma credo che non mi sbaglio se dico che quella mattina, a Cargalla, un Prete e un ragazzo piansero insieme”), all’arrivo in terra sudamericana il 25 ottobre 1935, alla nostalgia delle canzoni popolari, al ritorno, come turista, a Molinello e Cargalla (e la constatazione delle “tante cose che non stavano più come prima”), all’attenzione sincera verso la cultura e la storia di un’Italia di certo sostituita da una nuova patria, ma assai presente e viva nell’intimo dell’Autore.

Tassi. Mino, Pagine pontremolesi, Pontremoli, s.d.,

L’opera, oggi difficoltosamente rinvenibile nella sua completezza, venne pubblicata fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli Anni Sessanta dello scorso secolo presso la Tipografia Artigianelli di Pontremoli ed è divisa in tre volumi. Il primo tratta il periodo fra il luglio e l’ottobre 1943, il secondo narra gli avvenimenti dall’ottobre 1943 al luglio 1944 ed il terzo, il più corposo, va dall’agosto 1944 all’aprile 1945, cioè alla fine del II conflitto mondiale. L’Autore, che fu uno dei Comandanti partigiani che operarono nell’Alta Lunigiana (era attivo sotto lo pseudonimo di Bixio, nell’ambito delle Brigate Beretta della Divisione Cisa) propone un diario personale, narrando in prima persona fatti e circostanze che, assieme ad altri, lo videro protagonista prima dell’opposizione al fascismo e, quindi, della Resistenza. In particolare il terzo volume si fa più interessante per i riferimenti locali, essendo “Bixio” sfollato a Casalina assieme alla famiglia. Frequentissimi, quindi, i riferimenti alla lotta partigiana ed alla vita delle popolazioni nel territorio di Valdantena, Pracchiola, Cargalla, Gravagna, Montelungo e lungo gli assi viari della Cisa e del Cirone. L’opera, quando venne pubblicata, destò non poche polemiche, al punto che il Tassi fu costretto a ritirarla dalle librerie ed a redigerne un’edizione abbreviata ad un solo volume. Erano, quelli della pubblicazione, anni in cui erano ancora aperte e doloranti le ferite della lotta intestina non solo fra fascisti e tedeschi da una parte e partigiani ed alleati dall’altra, ma anche fra le diverse formazioni partigiane e, talora, nell’ambito delle stesse bande. La narrazione che l’A. ci presenta dei fatti, spesso infarcita da una discreta dose di retorica, dà, però, il senso di un impegno forte, che gli veniva dall’essere stato combattente della prima guerra mondiale ed antifascista convinto fin da tempi non sospetti. Un quadro di parte, quindi, ma interessante e che consente di aggiungere importanti tasselli alle notizie che anche da altre fonti abbiamo su un periodo assai duro per Valdantena e dintorni e che meriterebbe di essere riscritto prima che troppe testimonianze abbiano a perdersi definitivamente.

Vecchi, Eliana M., Una collecta nella Diocesi di Luni ed un inedito Estimo del Secolo XIV, in Giornale Storico della Lunigiana e del Territorio Lucense, N.S., anni XLIX – LI (1998-2000)

L’articolo, in appendice, propone la trascrizione di un Registro cartaceo conservato presso l’Archivio Capitolare Lunense di Sarzana in cui vengono citate le parrocchie di Pracchiola e Valdantena (identificata come Cappella de Fraese) e gli Hospitali di Malatica e Piellaborga e di Cerreto Grosso. E, così, possibile individuare ulteriori dati sul territorio di nostro interesse, in quanto si fa riferimento alla Collecta indetta il 21 dicembre 1346 da papa Clemente VI e promossa in Tuscia (regione cui all’epoca faceva riferimento la Diocesi di Luni). Le parrocchie e gli Hospitali suddetti, così come il Rettore di Pracchiola, sono segnalati perché ancora in parte o in tutto insolventi. Ovviamente, essendo indicate soltanto le insolvenze, non è possibile trarre notizie sulle altre parrocchie e/o realtà ecclesiali del territorio, che, pur esistenti, potevano o aver assolto completamente la decima, o essere ascritte fra gli enti esenti. Da notare la ripetizione, fra i morosi, dei rettori degli Ospedali di Malatica e di Piellaborga, che dovrebbero coincidere. Interessante, in particolare, l’inserimento in un più vasto quadro storico dell’Estimo quattrocentesco, che propone un’ampia e dettagliata descrizione dell’organizzazione della Diocesi di Luni, delle modalità di raccolta delle decime e delle problematiche connesse all’esazione delle medesime nei Secoli XIII e XIV.

Zucchi Castellini, Nicola, Pontremoli dalle origini all’Unità d’Italia, Pontremoli, 1976

Anche se sono scarsi i riferimenti diretti all’area di specifico interesse di questo sito, si tratta di un’opera la cui consultazione è necessaria per chiunque si interessi di storia locale di Pontremoli e della Lunigiana. L’Autore propone un excursus nello stesso tempo agile e ricco di notizie sulle vicende pontremolese, soffermandosi in particolare sul periodo successivo a quello trattato da Giovanni Sforza, le cui Memorie e documenti per servire alla storia di Pontremoli si interrompevano col finire del Sec. XV. Edita in occasione del ventennale dell’Associazione “Amici del Campanone” di Milano, l’opera dello Zucchi Castellini ha il pregio di inquadrare la storia locale nella grande storia. E così vi troviamo frequenti menzioni a personaggi importanti, a re, papi, condottieri (quelli che, per intenderci, troviamo ampiamente citati nei manuali di storia), a testimonianza di quanto la Val di Magra sia stata centrale nelle vicende nazionali ed europee dei secoli passati. E così questi grandi personaggi ce li possiamo immaginare, con i loro eserciti, i loro cortei percorrere le strade di Valdantena, di Gravagna, di Montelungo, così come facevano i pellegrini, i mercanti, i “cavaléri”, i cercatori di conoscenza che si muovevano lungo tutti gli itinerari lunigianese che corrispondono alla secolare “via francigena” o “romea” che dir si voglia.