27 novembre 2014

La Resistenza a Rossano fra entusiasmi e difficoltà nella Vallata in fiamme del Magg. Gordon Lett



La Vallata quella mattina offriva un panorama meraviglioso, incredibilmente piena di pace. Uno straniero avrebbe potuto dire che la guerra con i suoi mali per essa non esistesse, e che i suoi abitanti non vi pensassero per nulla. Solamente, quando si veniva a conoscere a fondo la sua popolazione, si vedeva lo stato di continuo timore in cui vivevano: paura che pattuglie fasciste o tedesche giungessero da un momento all'altro per prendere ogni loro avere e costringere i loro uomini alla deportazione in Germania; paura che le pattuglie di Carabinieri al servizio della nuova Repubblica facessero una delle solite visite nella Vallata per raccogliere tasse o per cercare i disertori dell'esercito di Mussolini”.
Fu questa, settanta anni fa, proprio in questi giorni novembrini, la prima impressione che il capitano Lewis Ross ebbe appena giunto nei luoghi che sarebbero stati per oltre un anno e mezzo il teatro del suo impegno nella guerra di Liberazione italiana. Fuggito da un campo di internamento presso Piacenza, il capitano Ross, inglese catturato in Africa e fattovi prigioniero, era fuggito attraverso le montagne all'8 settembre e, con l'aiuto della popolazione dell'Appennino, stava tentando di raggiungere un luogo dove ricongiungersi con i suoi compatrioti. Ma non gli fu possibile.
È facile comprendere che dietro lo pseudonimo Lewis Ross si nasconda il maggiore Gordon Lett, comandante del Battaglione Internazionale della 4ª Zona Operativa: Luigi è il nome di battaglia che egli si era scelto e Ross altro non è  se non un chiaro rimando a Rossano di Zeri, la Vallata che lo accolse senza mai tradirlo per tutti i lunghi mesi della Resistenza e che pagò la sua fedeltà con gli incendi, le devastazioni, i saccheggi da parte dei nazifascisti.
Vallata in fiamme” era uscito per i tipi degli Artigianelli di Pontremoli nel 1949. Alla stesura della versione italiana avevano collaborato i bolognesi Alfredo Rizzardi (per la traduzione dall'inglese) e Claudio Scala (le carte topografiche), il poeta parmense prof. Attilio Bertolucci, “Astrale” (cioè don Marco Mori), il cap. Bruno Necchi (l'indimenticato Pasquin, che curò la pubblicazione del libro e la correzione delle bozze). Il volume ebbe indubbio successo, ma fu anche fonte di aspre polemiche. Lett non lesina critiche, anche dure, ai politicanti che, in vista della Liberazione, cercavano già allora di indirizzare la Resistenza ai loro interessi di potere, vertendone a loro vantaggio i valori. Così, in sottofondo, si leggono i fatti meno nobili della vicenda, dall'assassinio di Facio agli scontri per l'accaparramento dei lanci e tutto il resto. Dall'altra parte il Battaglione Internazionale, altre formazioni partigiane e soprattutto la gente, col suo silenzioso eroismo (lo stesso attestato dal monumento che si incontra sulla strada fra Rossano ed Arzelato, in Pradalinara).
Ora “Vallata in fiamme”, per lunghi anni introvabile, è ritornata nelle librerie. Una lettura appassionante, da correlare all'altra opera del Maggiore Lett, Rossano, uscita per la ELI di Milano nel 1953, opera più “politicamente corretta”, dove le polemiche di Vallata in fiamme, pur velate, lasciano spazio ad una narrazione indubbiamente più fredda. Entrambe le opere sono ritornate disponibili grazie all'intelligente intraprendenza di un libraio pontremolese, Paolo Savi, che le ha edite in forma anastatica, mantenendone lo stesso stile grafico, che, anch'esso, dà il senso di un tempo soltanto apparentemente lontano. Due volumi fra loro  complementari, da rileggere con attenzione, anche per cogliere, come scriveva “Il Corriere della Sera” nel 1958, quel senso di umanità che aveva fatto nascere “fra i due paesi […] un'amicizia profonda e senza retorica”. 
Nella foto: il monumento, a Pradalinara, che ricorda la presenza e il ruolo del Battaglione Internazionale nella Vallata di Rossano.
(da Il Corriere Apuano, n. 44 del 22 novembre 2014)