Gli Uggeri a Pracchiola
L’Estimo pontremolese del 1508 individua
nell’Alta Valle del Magra la presenza di famiglie importanti, lì stanziatesi
nei secoli successivi al Mille. Fra queste gli Uggeri, venuti dalle Valli dei
Cavalieri, sull’Appennino parmense e reggiano, e poi scesi a Pontremoli. Venuto
meno il transito sul Cirone il paese inizia il declino e si avvia ad essere
bacino di emigrazione
Nel 1508, fra i 26 di
Pracchiola, c’erano due nuclei della famiglia Uggeri: Corradino fu Martino Eugerii e Gianlorenzo (del cui padre, sempre
fu Corradino, è omesso il nome). Entrambi, così l’Estimo 1508, possedevano casa e 11 terreni l’uno e 12 l’altro: beni
di modesto valore nelle pertinenze del paese, in luoghi i cui toponimi tuttora vivono:
Preda biancha, Cerri, Binalenza,
Columbara, Canevarii, Carezene, Carpena, Orti…
Altri Uggeri erano a Casalina:
Ser Giovanni fu Bartolomeo ex Eugeriis
e Giovan Maria fu Antonio de Raigafulcis.
Uggeri, de Valisneria e Raigafulci sono la medesima famiglia:
quando nel 1438 il parroco di Pracchiola fu eletto vescovo di Brugnato era
identificato come “Antonio Vergafalce, o
Raggaforche, o delli Uggeri della Valdantena”. Altri risiedevano a
Pontremoli, dove si erano trasferiti probabilmente agli inizi del Quattrocento:
nel rione della Carpanella il magister
Francesco figlio di Antonio; a San Colombano i fratelli dominus Uggero e ser Federico fu Bartolomeo; a S. Geminiano ser
Lorenzo fu dominus Ludovico e gli
eredi del fu dominus Francesco fu
Lodovico de Valisneria. Gli Uggeri venivano
dall’Appennino parmense-reggiano, da dove si erano allontanati probabilmente
per tensioni insorte nella corte di Vallisnera, una delle più rilevanti della
Valle dei Cavalieri. Perché una famiglia appartenente ad un’importante
consorteria emiliana era finita a Pracchiola?
L’analisi dei proprietari
residenti in questo borgo permette di cogliere la presenza di altri immigrati:
Bernardino fu Giannantonio Schiareti
di Gravagna, Bernardo fu Lorenzo de Rino,
Bertone fu Giovanni da Barcola e Perino fu Guglielmino Odi da Valmozzola. C’erano,
poi, famiglie (Orioli, Armanini, Panelli), che, per disporre già di un cognome,
si differenziavano di quanto accadeva per la maggioranza dei residenti nei
paesi, identificati soltanto da patronimici. Infine fra le coltivazioni prevaleva
il castagneto (36,39%) ed era sotto la media il seminativo, di solito
preponderante nei borghi con le caratteristiche di Pracchiola, sia per
altimetria che per morfologia del territorio.
Si può, quindi, ipotizzare
che la mission del paese esulasse in
buona parte dall’agricoltura, per essere prevalentemente legata alla via di
valico di Cirone. Al centro dell’economia c’era il transito di persone e cose lungo
un antico percorso, la cui rilevanza è provata anche dall’essere esso stato a
lungo presidiato, poco a valle del passo, dall’hospitale di Piellaburga,
tenuto dai monaci di Altopascio, peraltro attenti al mantenimento delle
infrastrutture viarie.
La Pracchiola del 1508 era,
poi, meno estesa di quella odierna. La sua architettura permette di individuarne
il primo nucleo: superata la ripida salita dall’antico ponte sul Magra al voltone
fra la chiesa ed il cimitero, la strada girava a sinistra e l’abitato si
riduceva a quello presso la strada degli Scaleri.
Lì, lo dimostra lo stemma apposto sulla facciata, c’era anche la casa degli
Uggeri.
È significativo notare che,
quando, soppiantato dalla Cisa, scemò l’importanza del Cirone, l’ospedale di Piellaburga fu presto abbandonato e cadde
in rovina; aumentò (lo si nota negli estimi dopo il 1508) il seminativo; cessò
l’immigrazione ed, anzi, le famiglie importanti, come gli Uggeri, si spostarono
a valle, prima a Casalina e Previdè (dove passa l’itinerario che, scendendo dalla
Cisa e dal Valoria, punta verso la Lunigiana) e, poi, al borgo di Pontremoli,
dove i legami economici con il transito delle persone e delle merci producevano
quel reddito di cui Pracchiola ormai mancava.
Anche se gli Uggeri
mantennero qualche presenza nell’alta valle del Magra, questa aveva perso
interesse e la sua economia, ridimensionata la sua vocazione commerciale, si andò
caratterizzando per un’agricoltura di sussistenza e, poi, per una massiccia
emigrazione.
Le valli dei Cavalieri
La zona dell'alto corso
dell'Enza, a cavallo tra le province di Parma e Reggio Emilia, forma le Valli
dei Cavalieri. la cui storia si perde nell'Alto Medioevo; furono di certo parte
dell'importante dominio dei Canossa, che, per intrinseca debolezza, in breve si
dissolse dopo la morte della Contessa Matilde.
In queste Valli si era
formata una forte consorteria, i cui membri, radunatisi nel 1207 nella chiesa
di Vallisnera, promulgarono l'omonimo Statuto
per regolare gli obblighi dei liberi proprietari nei confronti dei
signori e tutelare gli interessi dei
Comuni rurali. L'area, strategica nelle comunicazioni fra Padania e Toscana, fu
oggetto di aspre contese, culminate, nel 1448, nella guerra del Castellaro, con
la quale la Repubblica di Parma rovesciò i
Cavalieri, avviando un processo di progressiva acquisizione del
controllo del territorio.